Siamo partiti da Bologna il primo giugno di mattina, aereo partito alle 10,30, Oreste, Vittorio, Sara, Arianna, Enzo, io e 18 giovani medici femmine e maschi otorino, chirurgo plastico, endocrinologo, anestesista (alcune e alcuni specializzandi, altre e altri già specializzati, tutte e tutti giovani) che avevano in programma dieci giorni di interventi gratuiti (tra visite e interventi chirurgici) al Saint Francis Hospital di Ifakara, come step 2° anno del progetto di creazione di una unità di otorinolaringoiatria: interventi e insegnamento a medici locali. Il viaggio è stato, come sempre, faticoso, soprattutto le 7 ore e 15 minuti di aereo da Istanbul a Dar es Salaam dove siamo arrivati alle 2,45 di notte (un’ora avanti rispetto all’Italia sia in Turchia che in Tanzania). Sia in aeroporto che in aereo ho visto le tante facce giovani delle dottoresse e dei dottori che venivano con noi. Con loro al Saint Francis sono poi andati anche Arianna, infermiera, e Enzo, medico ginecologo. Arrivati a Dar abbiamo avuto la sgradita sorpresa di non avere le valigie. L’aereo che ci ha portato a Dar era più piccolo del solito e forse le valigie non le hanno caricate di proposito senza dirci nulla. In ogni modo tutte e tutti noi alle 3 del mattino abbiamo dovuto compilare moduli, fotografare passaporto e tagliandi per i bagagli. Per fortuna ci ha aiutato Steve, un ragazzo che ci ha mandato padre Salutaris con un pullman per portarci alla stazione di Dar dove, alle 6 del mattino del 2, abbiamo preso un comodo treno (nuova la linea alta velocità Dar Es Salaam – Dodoma) dove in meno di due ore siamo arrivati a Morogoro dove c’era un altro pullman, sempre seguiti da Steve e sempre organizzato da padre Salutaris, che ci ha portato a Kibaoni, a 2-3 km da Ifakara (dove siamo stati tante volte da Ifakara in bicicletta), al Centro per disabili Bethlehem, il cui responsabile è padre Salutaris, responsabile anche del Lebbrosario Nazareth di Ifakara, della parrocchia di Kibaoni e di altri villaggi intorno. Padre Salutaris ci ha fatto un’accoglienza da re e regine. Ora siamo nelle nostre camere, Oreste e Vittorio dentro al Centro Bethlehem, Sara, io, Anna e un gruppo di Castello d’Argile, che era già qui con Anna e Fabio dal 26 maggio, abbiamo avuto camere fresche e pulite in una costruzione fuori dal Centro, nuova. Avevamo la busta emergenza data da Turkish airlines con dentifricio spazzolino mutande maglietta calzini. Meno male, avevamo bisogno di cambiarci. Fabio dorme con medici femmine e maschi vicino al Saint Francis, ha la febbre, male alla gola e tosse, non malaria, ma deve comunque stare in piedi per assistere le mediche e i medici.
Siamo stati al Centro Bethlehem fino a lunedì 9 giugno. Padre Salutaris ci ha sempre fatto trovare molto cibo, molto ben preparato. Volontarie e volontari di Castello d’Argile (le donne sono maestre in pensione) hanno lavorato con bambine bambini ragazze e ragazzi con disagio (quasi tutti disagio mentale e psichico), io ho detto delle mie difficoltà a rapportarmi con persone con disagio psichico e ho aiutato a dipingere un locale che è diventato un laboratorio per visite mediche e una delle 4 costruzioni che sono dormitori per bimbe, bimbi, ragazze e ragazzi. Tra loro c’è anche Abu, che noi di Gocce seguiamo fin da quando era un piccolo bambino (ora e’ un ragazzo) pagando le rette sia per Bethlehem che per l’orfanotrofio di Kikwawila dove va quando il Centro è in vacanza. Il Centro è enorme, il giardino è sempre maestoso con grandi alberi secolari (ad esempio il mango e l’anacardo) , le case sono invece un po’ malandate. Nel lavoro di ritinteggiatura ci aiuta anche Said, un pittore tanzaniano rasta nostro amico, al quale abbiamo già comprato molti segnalibro di tela con un suo dipinto (sono piccoli quadri), al quale riconosceremo comunque un piccolo contributo in denaro per il suo aiuto. E’ una persona speciale, ha avuto grandi dolori, gestisce un Centro per insegnare a disegnare a bimbi e bimbe di strada a Ifakara, anche per questo lo aiutiamo.
Il 5 giugno abbiamo aiutato a scaricare tutto il container che era in un enorme camion vicino al magazzino del Saint Francis Hospital. Abbiamo smistato in diversi spazi ciò che era destinato al Saint Francis, ciò che andava a Kikwawila, a Mahenge, a Mbingu. A Tosamaganga ci aveva già pensato al momento dello sdoganamento padre Benjamin. Un grazie speciale proprio a lui, a padre Benjamin, direttore dell’ospedale di Tosamaganga dove andremo tra qualche giorno, il quale ha pagato, con denaro che poi gli manderemo, per lo sdoganamento del container e per farlo arrivare a Ifakara; lo smistamento era molto complesso, per fortuna il container è arrivato quando noi eravamo lì.
Il 6 giugno siamo andati a Mahenge dal vescovo Agapiti Ndorobo che ordinava un nuovo sacerdote. La strada è stata davvero faticosissima, piena di buche, di fango, di acqua. Quest’anno, ci hanno detto, la stagione delle piogge è arrivata più tardi ed è finita più tardi, per questo le strade sono in questo stato. Per Mahenge la strada è in grandissima parte sterrata e quindi piena di buche e di fango acquoso, l’ultimo tratto è asfaltato ma anch’esso pieno di buche, si vede che le piogge hanno rovinato l’asfalto che, come tutto qui, non è di buona qualità. Questo perchè l’occidente tratta l’Africa come un mercato di serie zeta, un posto da sfruttare e a cui dare il minimo. E’ caldo ma non troppo, spesso si ha qualche scroscio di pioggia. Mahenge è sempre uguale, un po’ di costruzioni in pietra abbastanza disastrate ma in piedi (c’è anche la banca, la posta…), belle costruzioni dove vive il vescovo con una cattedrale maestosa, il resto è costituito da baracche con tetto di lamiera e da capanne che quest’anno abbiamo visto perchè c’era la strada principale interrotta e così siamo andati, con la Jeep che ci portava per delle stradine (meglio dire sentieri) secondari. Siamo poi state e stati in cattedrale per 4 ore e mezza (dalle 10 alle 14,30) per la messa con ordinazione di un nuovo sacerdote da parte del vescovo Agapiti. Quindi 4 ore e più in chiesa tra messa, ordinazione e festeggiamenti. Poi veloce pranzo con Agapiti che ha detto di dover andare a Dodoma nel pomeriggio per la morte di una zia (e ho pensato alla fatica che lo aspettava con la strada ridotta in quello stato). Noi abbiamo fatto una visita lampo a Regina Mundi (scuola superiore convitto femminile dove noi sosteniamo la frequenza di studentesse) una bella costruzione sperduta, lontana da qualsiasi villaggio, visita con un po’ più di tempo (comunque poco) all’orfanotrofio di Mahenge, gestito da suore torinesi, che fa riferimento, come Regina Mundi, al vescovo Agapiti, poi ritorno a Ifakara, viaggio peggiore di quello dell’andata perchè nel frattempo era anche piovuto. Siamo arrivati al Centro Bethlehem alle 19, abbiamo cenato, giocato, e poi a letto.
Il 7 giugno in mattinata padre Salutaris ci ha portato in un villaggio dove ha celebrato la messa. Ci ha raccontato che in ogni villaggio ci sono una ventina di famiglie che pregano assieme (il prete ci può andare ogni tanto), i villaggi della sua parrocchia sono 6, lui ci va quando riesce. Ha celebrato la messa in cortile con tanta gente, uomini donne bambine e bambini. Ci avevano anche preparato una colazione (noi, anche se non avevamo fame, abbiamo comunque preso qualcosa perchè Salutaris ci ha detto che per loro era molto importante) e ci hanno regalato vassoi e cucchiai di legno. Poi nel pomeriggio abbiamo continuato a lavorare: Oreste, Vittorio, Said a dipingere, noi donne a pulire le loro gocce sul pavimento e a pulire i locali. Una discreta fatica. La domenica 8 giugno siamo andati tutte e tutti alla messa celebrata da padre Salutaris nella parrocchia – sempre toccanti i canti e sempre molto bello vedere come ballano tutti e tutte, hanno davvero la musica nel sangue. Padre Salutaris ha celebrato la messa in un capannone adibito a chiesa, quando avrà i soldi farà costruire una vera chiesa. Messa lunga con tanti canti e balli. Poi siamo andati al Centro Bethlehem per il pasto: si mangia molto bene qui da padre Salutaris e anche molto abbondante.
Nel pomeriggio, con delle moto, siamo andate e andati al villaggio Masai, a una decina di km da Ifakara. In un pezzo del sentiero c’era tanta acqua e pur essendo sulla moto ci siamo bagnati fino alle ginocchia, le ruote della moto erano infatti a bagno. Piccoli braccialetti da comprare. In una delle capanne c’era un pannello solare e una parabolica!!!! Per la cena siamo tornati al Centro Bethlehem, cena buona come sempre, e anche regali: una stoffa canga per noi donne, una stoffa masai per i maschi.
Il 9 abbiamo finito di ripulire e riverniciare una casa dormitorio e nel pomeriggio siamo andati a Ifakara nel convento dei Cappuccini dove dormiremo. Il gruppo di Castello d’Argile era già partito. Il superiore del convento si chiama padre Marino, frate e sacerdote, non ha 50 anni, è molto gentile e premuroso.
Il 10 siamo andate e andati a trovare le suore a Kikwawila dove Oreste e Vittorio hanno fatto piccole riparazioni in alcuni banchi e in alcune serrature nella scuola, situata a fianco del convento e gestita, come il dispensario, dalle suore. Prima, assieme a sister Joice con la Jeep del convento, eravamo andati a Ifakara a comprare il necessario per le piccole riparazioni. Nel pomeriggio siamo andati a visitare il vicino orfanotrofio, ora gestito da suore, pochi bimbi, la maggior parte, quelli che hanno un po’ di famiglia, sono in vacanza a casa. In Tanzania le scuole fanno due mesi di vacanza: giugno e dicembre.
La sera del 10 giugno c’è stata in un grande locale una cena con grande festa organizzata dal vescovo Salutaris Libena per ringraziare e salutare le mediche e i medici che hanno lavorato al Saint Francis. Abbiamo imparato che l’ospedale è della Diocesi, il contributo del governo della Tanzania consiste nel garantire un piccolo numero di sanitari: medici e infermieri.
Il12 giugno siamo stati a Mbingu dove c’è un orfanotrofio che seguiamo da tempo. La strada, tutta sterrata, era ridotta davvero molto male, in un punto c’era un camion fermo, piantato in mezzo al fango e all’acqua. Schiena a pezzi. Nelle strade abbiamo visto diverse scimmie. L’orfanotrofio di Mbingu è ora gestito da sister Sapienza (sister Anatolia, che conoscevamo molto bene, grande donna e grande suora, è morta anni fa). Sister Sapienza è molto dolce e gentile. Mentre Oreste e Vittorio facevano piccole riparazioni, noi abbiamo giocato con bimbe e bimbi. Molti sotto i due anni. Sister Sapienza mi ha raccontato che uno di loro, ora due anni, è stato partorito nella foresta, abbandonato nella foresta neonato, trovato da un cacciatore, portato al governo che lo ha poi dato a Mbingu. Quel piccolino deve la vita a quel cacciatore, se no sarebbe morto o di fame o sbranato da qualche animale. Una bimba ha una mano piegata all’insù, un bimbo ha un piede torto, chiederemo se portarlo a Tosamaganga o a Dar Es Salaam per farlo operare e daremo denaro per l’operazione. Abbiamo dormito lì una notte, abbiamo anche visitato la scuola di cucito (con macchine da cucire elettriche) a cui chiederemo di far andare Diana, una ragazza che seguiamo e che ha avuto una figlia da uno che è scappato. In Tanzania chi va con una minorenne viene incarcerato. Per questo è fuggito. Abbiamo lasciato denaro per farla frequentare la scuola, la sua bimba, Silvia, starà in orfanotrofio quando lei sarà a scuola e vivranno qui vicino. Abbiamo dato denaro anche per gemelle Masai Diana e Diotilla, che seguiamo fin da quando erano piccolissime, ora hanno 18 anni, in realtà in orfanotrofio c’è solo Diotilla, Diana ha fatto un figlio e vive in famiglia. Abbiamo dato denaro per l’orfanotrofio, come abbiamo fatto anche a Centro Bethlehem, a Kikwawila, a Mahenge e ai vescovi Libena e Ndorobo e come faremo con padre Benjamin, e con l’orfanotrofio di Tosamaganga. Nel cortile dell’orfanotrofio di Mbingu c’erano persone che giravano del riso che era stato steso per asciugare.
Sister Sapienza ci ha anche portato a visitare un’azienda, gestita anche dalla sua congregazione, che si occupa di imbottigliare acqua minerale facendo anche le bottiglie da quella che sembra una piccola provetta che gonfiata diventa una bottiglia. Molto interessante questo lavoro, molto tecnologico. Ci ha poi portato a visitare una fattoria (sempre loro, a fianco l’orfanotrofio) gestita da contadini con animali e campi, con manioca e banani soprattutto. Siamo poi andati a salutare la suora superiora (sister Giuseppina) che era nel centro dove fanno asciugare il riso e dove lo separano dalla pula, anche qui grandi macchinari.
Il 14 giugno abbiamo lasciato un contributo ai Cappuccini, abbiamo salutato padre Marino e i frati e ci siamo messi in viaggio per Tosamaganga, quasi 8 ore di viaggio da Ifakara a Tosamaganga che è a 15 km da Iringa, città di un milione di abitanti. Il paesaggio è cambiato via via: natura maestosa con foreste sulla sinistra della strada da Ifakara fino dopo bivio per Iringa da Mikumi (villaggio non parco). Poi, man mano, il paesaggio è diventato sempre più secco. Una grande parte, fino all’ingresso del distretto di Iringa, con grandi baobab e montagne circostanti con alberi senza foglie (non sono riuscita a capire di quali alberi si trattasse). Poi pianure con acacie simili a quelle del parco Serengeti, poi montagna. Strade strette, tanti camion, molte autocisterne con petrolio, a passo d’uomo, spesso fermi. Finalmente arrivati, dopo aver sfiorato Iringa. A dormire siamo in un seminario a fianco della chiesa parrocchiale, una bella costruzione, bello anche il seminario. Stanze singole, confortevoli, ordinate, con anche doccia calda.
Il direttore dell’ospedale di Tosamaganga è padre Benjamin, medico ortopedico, molto gentile, molto ospitale. E’ anche vice parrocco e la domenica ha celebrato la messa: due ore. Siamo poi stati in ospedale a sistemare i materiali che abbiamo inviato. Padre Benjamin ci ha fatto vedere la rianimazione, non ancora inaugurata, allestita grazie a noi, come grazie a noi ha avuto e avrà importanti strumentazioni. La sera del 15 giugno siamo stati a Iringa con padre Benjamin da Mama Iringa a mangiare la pizza, molti clienti, soprattutto bianchi. Ho preso una pizza alla diavola, buona ma piccantissima. Qui all’ospedale di Tosamaganga opera anche il CUAM, una associazione italiana di medici, occupandosi della neonatologia.
Il16 giugno siamo stati sempre a Tosamaganga. tempo nuvoloso e vento freddo, 1500 metri di altitudine, quindi freddo, anche se siamo appena sotto l’equatore. Tutte e tutti abbiamo sofferto il freddo, a letto no perchè abbiamo dormito con il panno di lana. Abbiamo lavorato per sistemare diversi materiali, noi donne abbiamo anche pulito i paraspigoli dei letti. Nel pomeriggio siamo tornati all’orfanotrofio di Tosamaganga, gestito da sister Helena, dove ci sono 85 bambini, molti poco più che neonati. In questo periodo nel grande cortile ci sono migliaia di pannocchie di mais che devono seccare. Lì abbiamo visto anche due volontari italiani, sposati tra loro. Anche lì abbiamo lasciato un contributo.
Il 18 siamo partiti per Dar es Salaam dove siamo arrivati alle 19. Prima in jeep grande fino a Morogoro. Poi treno fino a Dar Es Salaam. Poi, a Dar, cena a Sleep way, un posto molto occidentale sul mare. Come da tradizione, un nostro volontario, Vittorio, ha pagato per tutte e tutti. Poi in aeroporto e alle 3,3/4 siamo partiti per Istanbul dove siamo arrivati alle 11,30 del 19. Di lì alle 16,15 aereo per Bologna dove siamo arrivati dopo le 18.
(Marta, giugno 2025)
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